Definizione dell’ambito d’indagine: definire il perimetro, comprendere il contesto
Il primo passo operativo in ogni due diligence è la definizione del perimetro d’indagine. In ambito small cap, ciò significa comprendere esattamente quale ramo d’azienda, società o business unit è oggetto di acquisizione. Questa fase richiede un confronto diretto con gli advisor dell’acquirente e, quando possibile, un primo dialogo esplorativo con il management target.
È fondamentale tradurre gli obiettivi strategici dell’operazione in domande operative: si sta acquisendo per integrare, per crescere nel mercato, o per ottenere asset specifici? La risposta influenzerà la profondità e la direzione dell’intera due diligence. Inoltre, in aziende meno strutturate, spesso non esistono data room formalizzate né sistemi contabili avanzati: è quindi essenziale anticipare potenziali carenze documentali e adattare gli strumenti di raccolta informativa (template semplificati, interviste dirette, walk-through operativi).
L’analisi finanziaria: qualità dell’EBITDA, sostenibilità dei flussi e posizione finanziaria netta
Uno dei cardini della due diligence buy-side è la valutazione della qualità dei risultati economico-finanziari, e in particolare dell’EBITDA, metrica spesso utilizzata come base per la determinazione del valore d’impresa.
Nel contesto small cap, è frequente imbattersi in gestioni contabili poco rigorose, utilizzo disomogeneo di principi contabili e commistione tra elementi operativi e straordinari. Per questo motivo, è fondamentale procedere con una riclassificazione economica e patrimoniale dei bilanci, applicando normalizzazioni coerenti (es. costi non ricorrenti, stipendi degli amministratori fuori mercato, affitti di favore).
Particolare attenzione va riservata alla gestione del capitale circolante netto, che spesso impatta direttamente sul cash flow disponibile, e alla posizione finanziaria netta, che in piccole realtà può includere elementi atipici (es. prestiti soci, factoring, anticipi non contabilizzati correttamente). L’obiettivo è determinare un livello di performance “stand alone”, depurato da effetti distorsivi.
La prospettiva legale e fiscale: rischi latenti e governance implicita
Le PMI, soprattutto se di matrice imprenditoriale, presentano spesso una governance informale e una gestione documentale disordinata. La due diligence legale deve quindi andare oltre la mera raccolta contrattuale, analizzando i meccanismi decisionali effettivi, le deleghe di potere, la titolarità reale di beni intangibili (marchi, brevetti, software) e la presenza di controparti rilevanti (clienti strategici, banche, leasing, soci).
In ambito fiscale, l’attenzione si concentra su tre fronti:
- Verifica del rispetto degli obblighi tributari;
- Analisi delle potenziali passività latenti (accertamenti, contenziosi);
- Sostenibilità delle eventuali agevolazioni o regimi speciali (es. credito d’imposta, patent box).
Un’area da non sottovalutare è quella delle clausole di change of control inserite nei contratti, che possono attivarsi al momento dell’acquisizione, alterando significativamente le condizioni operative.
Valutazione strategico-commerciale: concentrazione, rischio cliente, coerenza industriale
Il business di una small cap non può essere compreso solo attraverso i numeri: è necessario comprendere la qualità delle relazioni commerciali, il posizionamento competitivo e il contesto settoriale.
Una mappa della clientela – per fatturato, storicità, concentrazione e rischio di churn – è fondamentale per valutare la sostenibilità dei ricavi. Analogamente, è cruciale esaminare la struttura della supply chain: in settori manifatturieri, ad esempio, una dipendenza critica da pochi fornitori o da materie prime sensibili può rappresentare un rischio di continuità.
Dal punto di vista strategico, occorre valutare la compatibilità del modello operativo con quello dell’acquirente: integrazione IT, cultura organizzativa, assetto logistico, grado di digitalizzazione.
Le risorse umane: persone chiave, fragilità organizzative, rischi impliciti
Nelle small cap, il capitale umano è spesso concentrato in poche figure chiave, il cui ruolo è difficile da sostituire. La due diligence HR deve identificare queste dipendenze critiche, valutare la solidità dei contratti (eventuali MBO, piani di retention o clausole di non concorrenza) e mappare il rischio di turnover.
Un altro aspetto rilevante riguarda la cultura aziendale e i processi organizzativi: in contesti poco strutturati, l’informazione è spesso non codificata e il know-how è trasmesso oralmente. Questo può rappresentare un rischio nell’integrazione post-deal e andrebbe affrontato già in fase di negoziazione (es. con earn-out legati alla retention).
Le complessità delle filiere internazionali e la gestione dell’origine delle merci
Molte PMI operano all’interno di filiere produttive globali, in cui componenti e semilavorati provengono da più paesi. In uno scenario geopolitico instabile, con dazi e sanzioni in evoluzione, è cruciale analizzare l’origine doganale effettiva dei prodotti, anche alla luce delle normative sul Made in, delle certificazioni e delle clausole contrattuali con clienti esteri.
Una due diligence ben condotta deve includere anche una verifica dei rischi di contestazione doganale, di blocchi all’import/export e di esposizione a regimi sanzionatori. È un’area spesso trascurata, ma che può avere impatti materiali sull’operatività post-closing.
Un processo proporzionato ma rigoroso
La due diligence in un contesto small cap richiede un approccio che bilanci rigorosità metodologica e pragmatismo operativo. L’obiettivo non è la produzione di report esaustivi ma spesso poco utili, quanto piuttosto fornire una visione chiara e dettagliata che permetta all’acquirente di orientarsi con certezza nelle negoziazioni, di definire correttamente le garanzie contrattuali e di pianificare un’integrazione efficiente della target.
In qualità di advisor, il nostro compito è leggere tra le righe, identificare eventuali aree di rischio e colmare le lacune informative che potrebbero emergere. L’esperienza accumulata ci consente di individuare con precisione i “red flag” strategici che potrebbero influire sull’esito dell’operazione, proteggendo gli interessi del cliente e consentendo di strutturare un’acquisizione solida, che sia sostenibile nel lungo periodo.
Una due diligence di successo è quella che, pur rispettando una solida metodologia analitica, si adatta alle caratteristiche specifiche della target, bilanciando attenzione ai dettagli e capacità di vedere oltre gli aspetti puramente numerici.